Io, se fossi ragazzo, gli porterei la chitarra,
lo seguirei dovunque va,
lo sentirei cantare nelle piazze.
(Ignazio Buttitta)
Ve lo ricordate Pino Veneziano? Quello che serviva ai tavoli del Lido Azzurro?
Aveva grandi mani per suonare la sua vecchia chitarra e una gran voce potente per cantare la storia degli ultimi della terra. Ma come? Non ve lo ricordate? Certo. Pino Veneziano non era famoso come Dalla o De Gregori. Quel cameriere che lavorava a Selinunte non è apparso mai in tv con le sue canzoni. Chi capiva il suo dialetto siciliano tagliente come un coltello? I lavoratori siciliani innanzitutto. Altro che ipnosi televisiva! Quando cantava la sua canzone su Piazza della Loggia diceva che gli autori della strage erano “gran figli di troia”.
Così. Semplicemente. Nelle piazze e nelle manifestazioni regalava la sua musica che a volte diventava inno rivoluzionario. Diceva che il padrone non serve. Senza mezzi termini. Chissà se oggi potesse cantare di questa nuova generazione di potenti cosa direbbe. Vogliamo scommettere? Non basterebbe il bollino rosso della censura per tenerlo a freno! E se anche oggi gli fosse impedito di dire la sua sulla mafia, i dittatori e i governi truffaldini attraverso i media, anche oggi avrebbe il suo piccolo pubblico ai tavoli del Lido Azzurro e tra un bicchiere e l’altro ci racconterebbe come vanno le cose.
Tutti quelli che hanno avuto la fortuna di ascoltarlo a Selinunte negli anni ’70 o di avere il suo unico disco - Lu Patruni è Suvecchiu - sono testimoni dell’esistenza di un grande autore italiano che è giunto il momento di riconoscere e far conoscere ovunque.
Allora, ve lo ricordate Pino Veneziano? Quello che cantava ai tavoli del Lido Azzurro?
(Rocco Pollina)
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